Wing

Wing foil – volare sull’acqua

Dopo oltre 40 anni di windsurf e dopo aver venduto tavole e vele alcuni anni fa per dedicarmi interamente al SUP surfing, mi sono ritrovato all’improvviso in una nuova affascinante avventura.

Già lo scorso anno passando una settimana di vacanza a Vieste ero stato incuriosito da questa nuova disciplina. Uno degli istruttori della storica scuola a Capo Vieste usciva tutti i giorni con ogni condizione, dal vento termico leggero al mare formato, con il wing in abbinamento ad una tavola munita di foil.

Era un piacere vederlo librarsi in volo, risalire il vento in angolate boline per poi rientrare surfando le onde, tenendo il wing in posizione neutra su un fianco.

Quest’anno, ho deciso di provare e mi sono iscritto ad una corso base di tre lezioni, proseguendo poi con qualche noleggio. Mi sono bastate poche uscite e qualche accenno di volo sul foil per capire che era amore a prima vista e che non mi creava grossi problemi fisici (soprattutto nessun dolore alla schiena). Tornato a casa, ho quindi acquistato la mia prima attrezzatura.

Purtroppo la forte richiesta aveva reso i materiali introvabili e, nonostante il preordine, ho dovuto aspettare oltre un mese per avere tutto e cominciare a fare sul serio.

Per fortuna il materiale è arrivato quasi tutto prima della partenza per la Sardegna, ad eccezione della tavola acquistata all’ultimo da Lucio (Hawaiian Surfing), per fortuna sempre fornitissimo anche in periodi critici come quello a cavallo di Ferragosto. Così, finalmente, in quelle due settimane ho potuto dedicarmi interamente al wing e, seguendo i consigli di chi era già bravo e soprattutto dell’amico Raimondo Gasperini che aveva fatto base con la sua scuola a Coluccia, ho portato a casa i primi risultati e la meravigliosa sensazione del volo sul foil.

Vi voglio quindi raccontare la mia esperienza di persona non più giovanissima che ha ritrovato l’entusiasmo di un bambino in ogni piccolo progresso in questa divertente disciplina.

Premetto doverosamente che sono ancora un principiante, che questo è uno sport molto tecnico e in evoluzione e che, pertanto, le mie indicazioni e considerazioni sono abbastanza basiche e indirizzate a chi si volesse avvicinare per la prima volta a questo sport e non certo a chi ha già capacità e conoscenze avanzate.

Perché il Wing ?

L’attrezzatura da Wing Surf è facile da assemblare in qualsiasi situazione; che ci si trovi al mare, al lago, o sulla riva di un fiume basta poco spazio e un accesso con un po’ di profondità per poter praticare. Non ci sono né linee, né barre, né alberi, né boma. Tutto quello che si deve fare è gonfiare un’ala simile a quella di un kite ma munita di maniglie (o di una barra simile a quella dei boma da windsurf), afferrare la tavola, allacciare i leash di sicurezza (per non perdere tavola e ala in caso di caduta) ed entrare in acqua.  La semplicità è il concetto alla base del Wing Surf.

E’ sciocco fare dei paragoni con gli altri sport affini in quanto ogni disciplina ha i suoi pregi e difetti e, ovviamente, i suoi adepti convinti.
Non posso parlare del kite perché, pur conoscendone bene le dinamiche, non lo pratico, ma molti kiter stanno approcciando il wing non solo per la novità, ma proprio per superare i problemi logistici e i rischi annessi che hanno portato negli anni a relegare la pratica del kite (soprattutto in estate) in aree specificamente autorizzate.

Anche con il windsurf il paragone è poco proponibile. Io avevo smesso, sia perché stanco di portarmi sul camper tutta quell’attrezzatura, sia perché trovavo il windsurf divertente e adrenalinico solo con vento forte e condizioni mare formato. Non avendo tempo per praticare in modo assiduo, non avevo più neppure l’allenamento necessario per sostenere uscite troppo impegnative e sfidanti. Le mie uscite degli ultimi anni erano essenzialmente free ride o “lite wave” e, pur essendo leggero, non praticando slalom, non potevo sfruttare il vento con meno di 14 nodi.

Con il wing il divertimento c’è anche con 10 nodi e velocità molto inferiori. Ovviamente non si discute il fatto che il windsurf rimanga uno sport molto spettacolare e super tecnico, soprattutto con condizioni di vento medio forte e onda.

Alcuni sostengono che il wingfoil sia uno sport “brutto da vedere”. Non capisco cosa intendano. A prescindere dal fatto che con l’evoluzione il livello dei praticanti si sta alzando a vista d’occhio e di conseguenza anche la difficoltà e spettacolarità delle manovre, francamente io, quando pratico uno sport, penso più alle sensazioni che provo e alla mia soddisfazione, che al giudizio estetico di terzi.

Altri sostengono che sia molto pericoloso, per se stessi e per gli altri. Su questo punto devo ammettere che, in fase di apprendimento e per chi lo porta all’ estremo, qualche pericolo di ferirsi con l’attrezzatura c’è. Tuttavia essendo, come ho detto, uno sport che dà sensazioni molto belle anche in condizioni molto “light”, una volta superato lo scoglio dell’apprendimento e con le giuste protezioni i rischi di infortunio non sono certamente superiori a quelli di altri sport acquatici così detti “estremi”.

Un’altra teoria da smontare è quella secondo cui con il foil “non si possa parlare di surfare un’onda”.

A mio parere non è affatto vero. Partendo dal presupposto che si tratta di due modi di surfare diversi basati su concetti idrodinamici molto lontani tra di loro, surfare significa essenzialmente “cavalcare” un’onda sfruttando l’energia della sua massa, ed entrambi gli attrezzi rispondono a questa esigenza. E’ altresì ovvio che le sensazioni della surfata saranno molto diverse così come il range di utilizzo delle rispettive attrezzature. Il surf tradizionale consente di approcciare con aggressività la sezione più critica di un’onda, di infilarsi in un tubo, offrendo una radicalità tanto maggiore quanto più è piccola la tavola e elevato lo skill del surfer. Tuttavia, con il wing foil si possono surfare onde formate anche se non rompono, quindi impossibili da prendere con una tavola da surf e probabilmente neppure con un sup, e si possono fare dei downwind chilometrici solo sfruttando la potenza dell’onda senza l’aiuto dell’ala.

Se parliamo di limiti, io al momento ne vedo solo due: la difficoltà ed il rischio di entrare in mare dove c’è uno shore break difficile da gestire prima del take off e quello di praticare su line up con onde non adeguate e molto affollate.

Con il wing sono ripartito da zero. Pur avendo un background sicuramente utile per poter progredire più velocemente, devo ammettere che ho dovuto rimettermi in gioco e accettare di puntare al risultato “sulla fiducia” e con una costante tenacia, perché nel wing i progressi li vedi solo quando fai il “salto di qualità”, quando cominci a “volare” sul foil e, nonostante l’attrezzatura adeguata per un principiante, questo “salto” non arriva subito. Mi piace fare un paragone con l’apprendimento dell’uso della bicicletta per due motivi, sia perché il meccanismo è simile a quando ti tolgono le rotelle e …provi, provi, finchè il “miracolo” di pedalare senza essere sorretti da qualcuno accade, sia perché il sentimento che si prova ai primi voli è molto simile, e ti riporta a rivivere quelle soddisfazioni di quando eri piccolo. 

In ogni caso è uno sport che richiede una adeguata preparazione atletica e abbastanza “fisico”, soprattutto all’inizio, per compensare alla mancanza di tecnica; poi, una volta apprese le basi, in particolare la tecnica di “pumping”, indispensabile per fare alzare il foil, a mio parere, soprattutto in condizioni di acqua piatta e vento leggero, è molto meno faticoso sia del windsurf che del surf.

Per chi non l’ha mai provata, la sensazione di volare sull’acqua scivolando sostenuti dal foil è davvero unica. All’improvviso spariscono i rumori e si viene avvolti da un’atmosfera magica fatta di silenzio, velocità e senso di leggerezza. Sì, perchè una volta in volo, tutto diventa più leggero, il wing avanza anche grazie al vento apparente, non c’è bisogno di far uso del trapezio, gli attriti spariscono, le vibrazioni sono minime, e si percepisce solo il sibilo del foil e il rumore del vento. Se l’acqua è trasparente e i fondali sono belli, (guardate il video che ho fatto a San Teodoro in Sardegna) dall’alto la vista è fantastica.

Appena si ha il controllo sufficiente si possono azzardare le prime manovre (dopo averle provate più volte sulla spiaggia) e si apre un mondo di soluzioni e “tricks” sia per virare che per strambare e per i più bravi anche per saltare, sfruttando non solo l’onda, ma anche la portanza del wing, che consente di andare in alto ed effettuare rotazioni di ogni tipo, anche su acqua piatta e con poco vento.

L’attrezzatura

L’attrezzatura si compone di una tavola, un foil e un wing.

Esaminando separatamente i vari componenti posso provare a riassumere quanto segue.

TAVOLA

Orientativamente per iniziare serve una tavola con una buona capacità di galleggiamento, quindi almeno 40 – 50 lt in più rispetto al proprio peso, non eccessivamente corta ma neppure troppo lunga; una lunghezza ideale potrebbe essere tra 5.8 e 6.6. Con il tempo l’ideale sarebbe portare il litraggio al limite del proprio peso e accorciare la lunghezza della tavola per agevolare la manovrabilità e avere vantaggi in fase di surfata. Ovviamente più il materiale è leggero più l’attrezzatura risulterà leggera da trasportare e nelle manovre aeree, ma, soprattutto all’inizio, prima di iniziare con salti e manovre più tecniche, il maggior peso dell’attrezzatura non rappresenterà un grosso problema quando si è in volo.

In ogni caso bisogna tener conto dei maggiori costi di un’attrezzatura in carbonio, senz’altro più leggera ma, come detto, non indispensabile per chi inizia.

Gli shape sono in evoluzione ma, al momento, più o meno tutti i produttori propongono una forma raccolta, non eccessivamente larga e con un buon rocker, elementi che, assieme alla forma della carena, contribuiscono ad un più rapido “scollamento” dall’ acqua e quindi a facilitare il decollo.

Si potrebbe optare anche per una tavola gonfiabile che ha un’ottima galleggiabilità, oltre a essere più facile nel trasporto, ma che a me non convince, sia perché costringe a un doppio “pompaggio” (wing e tavola) sia perché oltre a essere leggermente più instabile in fase di dislocamento risulta priva di uno “shape” che potrebbe favorire il take off.

Altro argomento da trattare è l’utilizzo delle straps. Ci sono diverse correnti di pensiero. Si può decidere se iniziare con le strap (almeno le straps anteriori) o senza. Personalmente preferisco l’utilizzo delle straps  perché mi danno un punto di riferimento preciso e più sicurezza in andatura. Ho provato diverse posizioni e notato grandi differenze nel controllo, anche solo con lo spostamento di un centimetro. Finchè non si ha padronanza dell’andatura e non si inizia a saltare può invece essere più difficoltoso e non particolarmente utile l’utilizzo della strap posteriore (da posizionare preferibilmente al centro del piantone).

FOIL

E’ forse l’elemento più importante di tutta l’attrezzatura e quello che nel tempo verrà cambiato con maggior frequenza in funzione del proprio livello di apprendimento.

E’ composto da un albero (detto anche piantone o mast), una fusoliera e due ali (un “front” e uno “stabilizzatore” posteriore).

Gli aspetti più importanti sono: i materiali (alluminio – carbonio o un mix di carbonio e altri materiali), la superficie del front (più è grande più è adatta a chi inizia, ma anche più lenta e meno performante nelle transizioni) e ovviamente lo shape delle due ali, che, pur funzionando in base allo stesso principio, presentano delle differenze di forma, visibili a occhio nudo, tra un brand e un altro.

Altro aspetto da valutare è l’altezza del “mast”.  La misura più utilizzata va dai 75 ai 90 cm e consente una migliore gestione con le onde o con i chop e un tempo di volo più lungo in assenza di trazione o in fase di manovra (strambata o virata che sia). Tuttavia un albero più corto (60 – 65 cm) risulta sicuramente più facile e meno “spaventoso” per un principiante e più utilizzabile in caso di fondali poco profondi.

Il piantone va avvitato sulle scasse della tavola, all’inizio preferibilmente in posizione centrale, per poi valutare eventuali spostamenti in avanti o indietro, a seconda delle proprie esigenze, dell’intensità del vento e del proprio stile di conduzione. In generale vale la regola che il piantone avanzato aumenta il “lift”, mentre arretrato il “controllo”.

WING

Il wing è il motore e genera la trazione ed è per questo sicuramente determinante (assieme al foil) per una buona performance.

Le dimensioni di una vela variano dai 2 ai 9 metri quadrati e generano abbastanza potenza per navigare sempre in funzione del vento.

Le misure più usate sono comunque quelle che vanno dalla 4 alle 6.5 considerando che, a differenza di una vela da windsurf, quella da wing ha sicuramente un range di utilizzo maggiore e che, se si utilizza una tavola dotata di hydrofoil, basta un vento di 10-12 nodi (anche 8 – 10 per chi è molto bravo)  per iniziare a volare sull’acqua anche con un’ala non eccessivamente grande.

I wing sono in continua evoluzione e ormai quasi tutte le case propongono ali diverse a seconda delle esigenze del winger. Inizialmente per un utilizzo allround potrebbe essere sufficiente disporre di un’ala intorno ai 5 mt. Una volta appresa la tecnica si potrebbe affiancare una 6 mt e una 4, per coprire la maggior parte delle condizioni di vento.

I wing vengono prodotti con le maniglie o con il boma. L’utilizzo delle une o dell’altro dipende molto da preferenze personali e abitudine. Anche in questo campo siamo in piena evoluzione e per il 2022 si cominciano a vedere molti wing dotati di un numero inferiore di maniglie, semirigide e con una forma più squadrata, che potrebbero rappresentare una via di mezzo tra le due soluzioni.

In ogni caso si può affermare che il wing con boma, pur potendo fornire una trazione forse più rigida e diretta, rende il rig più pesante, necessita di montaggio e occupa, una volta smontato, uno spazio maggiore rispetto ad un wing con maniglie che, piegato, entra in una piccola sacca di forma più raccolta.

Oltre alla superficie, anche la forma del wing ha la sua importanza. I primi wing avevano un’apertura alare maggiore a parità di misura e questo creava problemi in quanto era più probabile toccare con il bordo esterno (edge line) l’acqua, rischiando lo “scuffiamento” del wing. Un wing di forma più “squadrata”, o comunque più piccolo, riduce questo rischio. Anche per questo, a meno che non si abbiano particolari esigenze di anticipare il volo con pochissimo vento o non si abbia una corporatura molto alta, è preferibile non eccedere nella misura, evitando di utilizzare wings superiori ai 6.5 mt.

Accessori

Sono altrettanto importanti ed è fondamentale acquistare prodotti dedicati.

Non volendomi dilungare direi che all’inizio è consigliabile utilizzare:

  • Muta lunga almeno sulle gambe anche in estate
  • Calzari
  • Casco
  • Impact vest (da wing quindi con protezione anche sui reni e sulla pancia)
  • Leash da polso per il wing
  • Leash (meglio da addome e elicoidale in quanto quello da piede o polpaccio si intreccia più facilmente con il foil) per la tavola

Ho personalmente provato la sensazione di cadere e sbattere con il costato su uno degli apici del foil e vi assicuro che non è per niente piacevole, per cui ritengo che la sicurezza debba rimanere il primo obiettivo anche dopo aver imparato. L’eccesso di sicurezza, i salti e le prime surfate possono giocare brutti scherzi.

Non è poi da sottovalutare il fatto che, una volta appreso l’uso del wing, ci si possa divertire anche fuori dall’acqua, con lo skate e sulla neve (facendo sempre attenzione a non sfregare l’ala sulla superficie e magari proteggendo i bordi con del nastro)

Spero di avervi fornito un quadro abbastanza completo e di avervi incuriosito. Se vi è venuta voglia, superate le vostre resistenze e provate, vi assicuro che non ve ne pentirete.

One Comment